Molti acquariofili hanno cominciato la propria avventura con la boccia e il malcapitato pesce rosso che, ciclicamente, suo malgrado, era pescato con apposito retino e messo in un altro recipiente di fortuna. La boccia veniva svuotata, lavata e riempita con acqua pulita, se poi era fortunato riceveva qualche goccia di biocondizionatore.

Ma questo era il passato, noi acquariofili navigati abbiamo strumenti futuristici per fare il cambio dell’acqua, i più avveduti si dotano addirittura di quelle che oltreoceano chiamano “automated water change units”. La maggior parte di noi usa ancora il classico tubo da attivare con una bella succhiata e conseguente lavaggio polmonare con salutare acqua salata.
Chi in un modo e chi nell’altro, tutti facciamo il cambio dell’acqua nei nostri acquari e siamo tutti d’accordo che si deve fare! Tuttavia, nella vita di un acquariofilo, ci sarà sempre l’amico o parente che, mentre mostriamo le meraviglie tecnologiche del nostro acquario, ci pone la fatidica domanda: perché ti tocca sempre cambiare l’acqua?
Il primo pensiero è più o meno uguale per tutti: che domanda stupida, tipica di un profano!

Ma in effetti perché lo facciamo? A rigor di logica grazie ai moderni schiumatoi, accompagnati da prefiltri meccanici e metodi di gestione collaudati, sarebbe certamente possibile far sopravvivere una vasca limitando i cambi a 1 o 2 l’anno. Diversamente dalla boccia, le nostre vasche sono in grado di eliminare per conto proprio la maggior parte delle sostanze indesiderate. Eppure, molti di noi concordano sull’utilità di un cambio settimanale o bisettimanale di circa il 10/15% del volume totale.

Foto 16-04-15 22 34 52Vorrei provare a chiarire questo piccolo dilemma in maniera pragmatica, rifacendomi al concetto di osservazione della vasca: nei giorni successivi al cambio acqua, gli animali sembrano più colorati, ottima estroflessione dei polipi e nuove punte di crescita.
Autosuggestione? In parte forse si, eppure, riflettendo a mente fredda e magari aiutandosi con qualche foto fatta prima del cambio, ci rendiamo conto che, effettivamente, i coralli stanno meglio, in particolare, i colori sono migliori.

Abbiamo concluso che il cambio acqua è utile e porta giovamento al nostro acquario, insomma è cosa buona e giusta: la fatica di preparare l’acqua e trascinare i secchi per casa è ricompensata. Potremmo fermarci qui, molti lo fanno.
Tuttavia ieri un caro amico mi ha chiesto come mai, secondo me, un semplice cambio del 10% porta tanto beneficio e, fermo restando su questo punto, perché non fare ad esempio un 30% per migliorare ulteriormente?
Analizziamo in primo luogo l’acqua “nuova”: prodotta da un impianto ad osmosi inversa, virtualmente priva di ogni sostanza disciolta, idrogeno con ossigeno che dorme al suo fianco, per citare il grande de Andrè. Aggiungiamo una delle tante miscele di sali disponibili in commercio nella quantità di circa 35 grammi/litro, con l’ausilio di una piccola pompa ci assicuriamo che il sale si sciolga completamente e, se necessario, portiamo a temperatura con un riscaldatore. Adesso abbiamo davanti un mastello pieno di acqua con caratteristiche più o meno simili a quelle del mare, ma con una caratteristica fondamentale: è completamente sterile, se inserissimo un corallo avrebbe vita breve, eppure, una volta introdotta nel nostro acquario, essa porta giovamento. Viene da pensare che, seppure in piccola percentuale, l’acqua pulita e priva di qualsiasi inquinante abbia contribuito a diluire le concentrazioni di inquinanti presenti in acquario e questo è assolutamente vero. Contemporaneamente abbiamo però integrato anche tutta una serie di oligoelementi (cromo, fluoro, manganese, stronzio, ecc), sostanze utili a pesci e coralli per vivere in piena salute.

A questo punto è facile rendersi conto che, in una vasca reef in salute, la ragione per cui si esegue il cambio acqua non risiede tanto nell’eliminazione delle sostanze di scarto, quanto piuttosto nell’integrazione di sostanze utili che diversamente verrebbero a mancare.

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Altri due aspetti importanti sono il volume e la frequenza dei cambi, infatti, se è assodato che il cambio porta giovamento, non bisogna esagerare, poiché cambi troppo frequenti porterebbero ad un eccessivo accumulo di sostanze come il fluoro che risulta si necessario ma, ad alte concentrazioni, è nocivo se non letale per molti organismi. Anche il volume è determinante, poiché cambiare troppa acqua significa apportare un brusco aumento di oligoelementi che, da una condizione di scarsa concentrazione, passano velocemente ad una di alta concentrazione; inoltre ciò comporta una notevole fluttuazione nell’equilibrio trofico e batterico delle vasca.

Ovviamente, quando detto finora, risulta strettamente vincolato alla marca di sale che si utilizza: le varie ditte propongono ricette diverse, sia in termini di ingredienti che di concentrazione relativa. Esistono sali con basse concentrazioni di oligoelementi, sali ricchi di oligoelementi e ancora sali che privilegiano l’uno o l’altro elemento. Sicuramente nessun sale è superiore all’altro in senso assoluto, starà all’acquariofilo scegliere il sale più adatto, in base all’esperienza e alle reazioni della vasca.
Oggi la tendenza è di fare una sorta di rotazione dei sali, ossia ad ogni cambio si varia la marca di sale: questo sistema permette di assicurare alla vasca la maggior copertura possibile sia in termini di varietà di oligoelementi che di concentrazione relativa. Personalmente, preferisco utilizzare una sola marca: dopo svariate prove utilizzo, con successo e da molti anni, il sale Korallen Zucht, appartenente alla categoria che personalmente definisco “carichi”, ad indicare sali particolarmente ricchi di oligoelementi e particolarmente adatti se si utilizza una gestione che mira ad ottenere ottime colorazioni.
Nel corso degli anni ho sperimentato molti altri sali: il Tropic Marin pro reef è simile al KZ, l’ho utilizzato per circa 1 anno su una vasca con riproduzione batterica; personalmente lo ritengo un ottimo prodotto ma ho potuto constatare un eccessivo scurimento dei coralli a seguito dell’uso protratto, fenomeno del tutto simile ad un sovradosaggio di potassio, il che mi ha fatto ipotizzare che contenga una concentrazione superiore alla media di questo elemento, caratteristica molto interessante se si prevede di non utilizzare altre fonti per integrare potassio.
Altro sale che ho trovato molto valido è red sea coral pro, usato circa 6 mesi su una vasca gestita con metodo zeovit: in questo caso ho avuto difficoltà ad interpretare i risultati poiché nell’immediato ho constatato un notevole schiarimento dei colori, accompagnato da un cospicuo aumento delle fluorescenze visibili sotto luce attinica.

I sali citati sono solo una minima parte di tutti quelli in commercio, come già ribadito è compito all’acquariofilo sperimentare varie marche e trovare quella o quelle più confacenti alle proprie necessità e soprattutto a quelle della vasca.
Un utile strumento a tale riguardo è un articolo apparso sul sito Acquaportal.it in cui sono state recensite e analizzate tutte le principali marche di sali.

Termino questo breve articolo con alcune considerazioni sulla salute, in particolare per quanto riguarda i bambini. Molte persone accusano reazioni allergiche dovute al contatto con il sale e/o con l’acqua dell’acquario: fenomeni più o meno gravi che generalmente si manifestano come irritazioni e dermatiti localizzate agli arti superiori, in particolare su polpastrelli e nocche. Queste sintomatologie sono dovute fondamentalmente ai composti a base di calcio normalmente presenti nei sali, ma in soggetti particolarmente sensibili o predisposti si possono osservare anche fenomeni allergici dovuti ad elementi in tracce come cromo e nichel oppure eccipienti di varia natura presenti in alcune marche di sale.